Secondo F. English (premio Berne 1978) c’è distinzione tra emozioni autentiche o reali e emozioni parassite o ricatto.
Vediamo nello specifico di cosa si tratta e come riconoscerle.
Quando eravamo bambini non tutte le emozioni erano espresse allo stesso modo.
Abbiamo imparato dai nostri genitori o dalle persone per noi significative che ci sono emozioni di cui è incoraggiata e concessa l’espressione, altre invece che sono svalutate o proibite.
Entriamo nel concreto. Immaginiamo che nella vostra famiglia era accettabile essere arrabbiati.
I vostri genitori mostravano spesso segni di rabbia e quando voi stessi vi mostravate arrabbiati ottenevate una ricompensa, ad esempio la loro attenzione, oppure cedevano alla richiesta che avevate fatto, oppure ancora si mostravano preoccupati.
Vedevate difficilmente i vostri genitori tristi, forse non li avete mai visti piangere. Quando eravate voi ad essere tristi potevate essere sgridati per questo.
I vostri genitori nel vedervi tristi reagivano arrabbiandosi con voi, oppure dicendo “Non piangere devi essere forte”, “reagisci”, “ Come sei brutto/a quando piangi!”, “Non ti sopporto, vai a piangere da un’altra parte” o in molti casi nei bambini maschi “Piangere è da femminucce, fai l’uomo”.
Avete dunque imparato che ci si può arrabbiare, mentre non si può essere tristi.
Per utilizzare il linguaggio dell’Analisi transazionale:
-E’ Ok essere arrabbiato,
-Non è Ok essere triste.
La tristezza è una delle emozioni primarie adattive, tuttavia diverrà una emozione proibita.
Con essa verrà negato anche il bisogno naturale del bambino di poter sentire come si sente in quel momento, esprimere che è triste e decidere cosa fare, come agire.( cfr F.English 1971,1977)
L’emozione primaria autentica subisce un arresto e non potendo sperimentarla il bambino non può accedere al suo processo di autoregolazione.
Al suo posto il bambino imparerà a sentirsi arrabbiato, poiché quella è l’emozione vista, concessa e premiata in famiglia. In questo caso la rabbia è un’emozione parassita e via via essa sarà vissuta in diverse situazioni di stress.
Piuttosto che sentirci tristi, ci sentiremo irritati, infastiditi o facilmente arrabbiati. La rabbia diventa l’emozione di copertura della tristezza.
Potremmo fare altri esempi rispetto a tutte le emozioni primarie adattive che subiscono un arresto e vengono sostituite da altre. La paura, la tristezza, il disgusto, il lamento possono essere ugualmente espresse al posto della rabbia, diventando così emozioni parassite.
Definiamo dunque l’emozione parassita come: “Un’emozione familiare appresa e incoraggiata dall’infanzia, vissuta in molte situazioni di stress, utile a garantire il riconoscimento del genitore, inadatta come mezzo adulto di risoluzione dei problemi”(Stuart, Joines,1987, pg 267)
Possiamo riconoscere quando l’emozione provata è autentica o è parassita:
Questo significa che osservando noi stessi, potremmo facilmente dire che la sensazione provata è coerente con ciò sta accadendo intorno a noi. Ne siamo consapevoli e decidiamo noi se esprimerla, in che misura e quali azioni comportamentali intraprendere.
La reazione comportamentale sarà proporzionata all’evento infatti l’emozione autentica è adattiva, sentirla ci permette di trovare e decidere la soluzione più efficace per risolvere il problema.
Saper riconoscere che quella provata è un’emozione parassita, ci permette di riflettere sulla possibilità di tornare a sentire l’emozione autentica.
Vi potrete chiedere, cosa cambia.
– Innanzi tutto sarà possibile riappropriarsi del permesso di sentirsi come ci si sente, esserne consapevoli e decidere cosa manifestare e cosa fare.
– Inoltre in maniera concreta e pratica l’emozione autentica è adattiva, riconosciuta ed ascoltata ci aiuta a trovare la soluzione a ciò che per noi è un problema.
– E’ una spinta motivazionale, quindi ci permette di porci degli obiettivi e adoperarci per giungere alla meta desiderata.
– Incrementa la possibilità di intessere con gli altri relazioni autentiche basate sull’okness (io vado bene, tu vai bene, cfr Stuart e Joines 1987).